LUIGI BOSCOLO E LE EMOZIONI: TRA INFORMAZIONE E CONNESSIONE

Questo articolo è una trascrizione più o meno fedele del mio intervento al Convegno nazionale del Centro Milanese di Terapia della Famiglia, svolto a Milano il 14 e 15 novembre 2015 e dedicato alla memoria di Luigi Boscolo, uno dei co-fondatori del Centro e maestro del Milan Approach. Il mio intervento è nato da una discussione tra gli allievi del Centro Eidos di Terapia Familiare di Treviso, a cui era stato chiesto di presentare un elaborato su un aspetto del suo pensiero; il merito di questo intervento è quindi anche loro!

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In vista del Convegno Nazionale del Centro Milanese di Terapia della Famiglia e in memoria di Luigi Boscolo, gli allievi del Centro Eidos di Treviso hanno riflettuto su quale tematica del pensiero di Boscolo li toccasse maggiormente e su cosa volessero affrontare all’interno di questo contesto; non è stato facile, nel senso che qualcuno di noi era più interessato al tema della narrazione, qualcuno al tema del tempo, qualcun altro rifletteva su quanto ciascuna scuola nata dal Centro Milanese rispecchiasse un diverso modo di fare formazione agli allievi, per forza di cose ciascuno derivante dal pensiero di Luigi Boscolo e di Gianfranco Cecchin. Ci siamo tuttavia accorti che una tematica che ci aveva molto incuriosito in quest’ultimo periodo, soprattutto per noi allievi del quarto anno, era il tema delle emozioni, ovvero le emozioni all’interno della seduta di psicoterapia. Questa curiosità è nata nel momento in cui abbiamo ricevuto degli stimoli su questo tema, ad esempio il dottor Paolo Bertrando ha presentato un suo libro sul tema poche settimane fa da noi a Treviso. Da questa presentazione e dalla discussione che abbiamo fatto, ci siamo accorti che, anche se fino a prima avremmo pensato il contrario, il nostro approccio dava molti stimoli in questo senso; a partire da altri autori che hanno pubblicato sul tema, da quello che vediamo in seduta, da quello che i nostri docenti ci hanno insegnato e raccontato. Noi abbiamo cominciato a vedere questa tematica in sempre più ambiti e ci abbiamo riflettuto. In vista della giornata di oggi, ci siamo allora chiesti qual era l’atteggiamento di Boscolo verso questo tema. La prima cosa di cui ci siamo accorti era che difficile per noi parlare di Boscolo, perché non lo abbiamo conosciuto di persona né visto dal vivo, ma solo nelle registrazioni delle sedute e nei racconti dei docenti. La logica conseguenza è che per noi era più facile parlare di lui al presente e al futuro piuttosto che al passato. Abbiamo quindi ragionato su questo tema, insieme ai direttori che lo avevano conosciuto, alla luce di quello che avevamo colto del suo pensiero per vedere quanto era presente l’aspetto delle emozioni.

Se nell’articolo “Ipotizzazione, circolarità, neutralità (Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin e Prata, 1980) si parlava del fare in terapia, già in “Terapia sistemica individuale” (Boscolo e Bertrando, 1996) si passa a parlare di emozione, quindi un passaggio a tutti gli effetti, che però avviene nell’arco di parecchi anni. In realtà, però, Boscolo riteneva che anche nel primo gruppo di Milano l’emozione avesse un ruolo cruciale: sosteneva infatti che il gruppo avesse successo in modo particolare per l’entusiasmo che metteva nelle letture e negli interventi sistemici e questo entusiasmo contagiata anche le famiglie; forse, diceva, questo entusiasmo era terapeutico di per sé. Nella sua ottica, l’emozione permette di tracciare la direzione del colloquio, in primo luogo perché le emozioni sono alla base anche dei nostri pregiudizi, e spesso sono i nostri pregiudizi che ci guidano nella terapia. Boscolo inoltre coglieva una differenza di effetto nelle domande e negli interventi che faceva ed erano effetti emotivi; in senso batesoniano, era la differenza che generava l’informazione. Ecco quindi che l’aspetto emotivo diventa vettore di informazione ma anche di connessione, perché all’interno del sistema molto spesso si generano emozioni comuni che sono in grado di connettere tutti i membri coinvolti nell’interazione. Boscolo stesso spesso si emozionava in terapia, a volte poteva anche capitare che si commuovesse, e questo connette tutto il sistema, agendo su vari livelli e producendo effetti non prevedibili, ma che creano connessione, avvicinando il terapeuta a quello che ha di fronte. Era infatti anche convinto che l’azione, e quindi anche l’utilizzo di una certa intensità emotiva nella seduta, potesse agire lì dove la parola era ormai diventata vuota, e quindi anche risolvere dei casi di impasse all’interno della terapia. Negli ultimi anni, Boscolo diceva addirittura di non nascondere le emozioni, anche se negli anni precedenti aveva sostenuto l’idea che non bisognasse mostrarle; infatti lui faceva trasparire poco le emozioni, però aveva un modo di fare, di parlare, un tono di voce che erano particolarmente caldi, quasi ipnotici. In “Clinica sistemica” (Boscolo, Cecchin, Hoffman e Penn, 1987), nella postfazione, sottolinea il ruolo delle emozioni nella restituzione, ponendo quindi l’accento sull’utilità di utilizzare un tono più partecipato. Noi abbiamo fatto l’ipotesi che Boscolo non ragionasse solo ed esclusivamente sul significato, ma che avesse sempre in mente l’importanza dell’aspetto emotivo, in particolare come fonte di informazione. A partire da queste premesse, noi abbiamo colto l’aspetto di informazione e di connessione delle emozioni, in quanto permette di tracciare la direzione del colloquio e di connettere l’intero sistema in terapia, terapeuta ed equipe compresi, e potrebbe essere un’apertura all’interno della seduta, qualcosa che magari rischiamo invece di sottostimare. Anche se Boscolo non ha potuto scriverne e poco è stato comunque scritto sul tema, è una cosa che noi abbiamo sentito come molto importante per il presente e per il futuro. Secondo noi è importante che il terapeuta sia consapevole dell’emozione che quella particolare famiglia suscita in lui e che su questo vi faccia un’ipotesi. Questo secondo noi è un pensiero molto attuale all’interno del pensiero sistemico, ma che deriva da un retaggio che si perde indietro negli anni, che in qualche modo ha le sue radici nelle opere e nel lavoro di Luigi Boscolo. Noi crediamo che sia anche un’apertura verso il futuro, e riteniamo che sia possibile fare un’ipotesi sul ruolo delle emozioni nella ricerca futura; secondo noi costituiscono un campo che è stato trascurato dal nostro approccio ma che può trovare una buona collocazione al suo interno e ci auguriamo che questo accada. Pensiamo che sia uno spunto interessante e un lascito prezioso dal nostro maestro Luigi Boscolo.

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