“Se ti abbraccio non aver paura” (2012) di Fulvio Ervas, edito da Marcos Y Marcos

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Fulvio Ervas è un insegnante e uno scrittore che vive nelle campagne di Treviso e ama la natura e gli animali. Si è già fatto conoscere con qualche racconto, ma un bel giorno incontra un uomo, che si presenta come Franco Antonello, e gli chiede se è vero che sia uno scrittore. Quando Fulvio risponde di sì, che si diletta in storie di fantasia, Franco si siede al bar con lui, ordina uno spritz e inizia a raccontare una storia: una storia che “ha la forza della vita e la bellezza di un sogno”. Questa conversazione durerà all’incirca un anno e da essa nascerà un libro; un libro che racconta una storia vera, una avventura incredibile e un amore che non ha confini.

Nel 1996, quando Andrea, il figlio di Franco, ha circa 2 anni e mezzo, gli viene diagnosticato l’autismo; a quel punto crolla un mondo di certezze e di sicurezze e per Franco la vita diventa un ininterrotto tentativo di comprendere il pensiero di Andrea e riuscire a dargli una vita il più normale possibile. Ma non è facile tenere a freno quel bambino dalla vivacità incredibile, che mette in ordine qualsiasi oggetto gli capiti tra le mani in un modo che solo lui comprende; un bambino che per aprirsi al mondo e legare con le altre persone le abbraccia e accarezza loro la pancia. Per mediare con il mondo esterno e con gli sconosciuti che non comprendono questo bambino così tanto espansivo, Franco scrive sulle magliette del figlio la frase che darà il titolo al libro, se ti abbraccio non aver paura.

Quando Andra ha 17 anni, Franco prende una decisione: prenderà il figlio con sé e lo porterà lontano, a vedere un altro mondo, alla ricerca di una nuova sintonia con lui, nel tentativo di fargli esprimere quel mondo di emozioni che per tutta la vita Andrea non è riuscito ad esprimere. Contro il parere dei medici e degli amici, inizia così un’avventura che cambierà la loro vita. In possesso solo di pochi bagagli e delle cose essenziali, padre e figlio volano in America, in Florida, e da lì iniziano un viaggio in moto che li porterà fino all’altro capo del continente, attraverso Alabama, Mississipi, Louisiana, Texas, New Mexico, Nevada, e poi giù in Messico, Guatemala, Costa Rica, Panama e poi ancora giù fino al Brasile. Attraverso questo viaggio, Franco entra sempre di più nel mondo autistico di Andrea, così frenetico e ricco di parole e di emozioni, espresse quasi sempre con una carezza alla pancia di uno sconosciuto, attraverso poche frasi scritte al computer e attraverso dei disegni che Andrea fa con mille colori e pezzi di carta che rimedia ovunque gli capiti, anche nei tovaglioli degli innumerevoli bar che incontrano nel loro viaggio. E mentre Franco si avvicina al figlio, Andrea scopre un mondo tutto nuovo, trova moltissime persone interessate a lui e al suo pensiero, forse trova persino l’amore e la sessualità con una ragazza brasiliana che, non a caso, si chiama Angelica.

Il libro di Fulvio Ervas è un libro assolutamente da leggere: lo stile è molto semplice, quasi un appunto elaborato mano a mano che il viaggio va avanti, ma non si risparmia un’attenta analisi psicologia dei due protagonisti, né un’entusiasmante succedersi di avventure, incontri con persone fuori dal comune, facce sconosciute e luoghi mai visti se non al cinema. Il tutto raccontato nel miglior stile dei road books; è infatti facile pensare ad altri autori, come Jack Kerouac o Bill Bryson, entrati nell’olimpo della letteratura con i loro racconti di viaggi straordinari. Ma il libro si muove su due livelli: il primo è appunto quello del viaggio, che riesce ad incantare, commuovere, meravigliare pagina dopo pagina; il secondo è quello del rapporto padre-figlio, che in questa avventura esprimono un amore e un attaccamento che oltrepassa il tempo e i confini. Se lo sfondo sono i meravigliosi territori nordamericani e sudamericani, ciò che traspare ad ogni pagina è ciò a cui può arrivare l’amore di un padre, che lascia un’intera vita e una famiglia per accompagnare il figlio non solo alla scoperta di un nuovo mondo, ma soprattutto di sé stesso. Con un doppio sguardo, uno di apprensione e uno di curiosità, Franco riesce forse ad avvicinarsi al mondo autistico, che gli è stato gettato in faccia anni prima ma che nessuno è mai stato in grado di fargli comprendere. In questo libro non si trovano diagnosi, dati scientifici o altro; l’unico modo in cui Franco, insieme al lettore, si può avvicinare al mondo dell’autismo è attraverso i gesti e le parole di Andrea, che comunica a tutti noi il suo mondo interiore. E sembra trovare un suo posto in questo mondo “di terrestri” soprattutto grazie all’amore; forse di Angelica, la ragazza che più che capirlo vuole accettarlo e accompagnarlo, ma soprattutto quello di un padre che non lo lascia mai. Che si chiede, alla fine, quale potrà essere il posto nel mondo per suo figlio, quando lui non ci sarà più. Ma al momento che risposta si può dare?

“Sarà perché noi non sappiamo e almeno immaginare, bello o brutto che sia, ci porta oltre. Ci porta a domani.”

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